Mi ha molto sorpresa la reazione emotiva che ha accompagnato la scoperta dell’omicidio di Giulia, non perché non fosse lecita, ma perché molto più forte rispetto ad altre volte.
Devo ammettere che inizialmente mi ha anche un po’ infastidita, perché mi era sembrata eccessiva soprattutto da parte dell’universo maschile, che troppe volte in passato è rimasto in silenzio, quasi che il problema della violenza sulle donne fosse una questione solo femminile o colpa di pochi maschietti problematici.
Riflettendoci invece con più attenzione e leggendo i vari commenti e articoli comparsi sui social e sui giornali mi sono resa conto che questa volta è stato superato un limite dal quale non si può più tornare indietro. È come quando abbiamo messo l’acqua in pentola: con la temperatura costante ad un certo punto l’acqua bolle e, ammesso che tu non spenga il fuoco, non puoi più tornare indietro, l’acqua continuerà a bollire e si scalderà sempre di più.
Allo stesso modo adesso non possiamo più tornare indietro.
Gli uomini, forse per la prima volta in maniera così cosciente, hanno iniziato a fare un mea culpa collettivo, cominciando a comprendere quali sono le loro responsabilità, anche se non hanno mai sfiorato la loro compagna con un dito, anche se finora erano convinti di essere più femministi di lei.
La responsabilità maschile è presente:
Tutte le volte che vengono fatte battute sessiste, più o meno velate, più o meno pesanti.
Tutte le volte che non ci si accorge di non aver dato spazio all’universo femminile in un consiglio direttivo o nell’organizzazione di un evento, giustificandosi poi dicendo che è solo un caso e non volontà. (È un atteggiamento talmente radicato che non si riesce neanche a vederne la gravità).
Tutte le volte che si delega la donna a fare il lavoro di segreteria, perché si dice che è più brava, e intanto l’uomo si prende tutto lo spazio per soddisfare il proprio narcisismo.
Tutte le volte che si mette a tacere una donna in una discussione con un atteggiamento di superiorità.
Di esempi ce ne possono essere tanti altri, e nessuno di questi è un atto di violenza, non ci si avvicina neanche se la intendiamo come violenza fisica, ma ognuno di questi è una modalità per mettere la donna a tacere, per manipolarla, o per metterla almeno un gradino più in basso.
Ognuna di queste modalità è stata utilizzata, almeno una volta -ma purtroppo anche di più- da ogni uomo che ho conosciuto, e forse più l’uomo è di sinistra, intellettuale, radical chic, più lo ha fatto, inconsciamente forse, ma lo ha fatto.
Da oggi il re è nudo, non si può più spengere il fuoco e l’acqua deve continuare a bollire.
Da oggi questo mea culpa deve essere un atto di coraggio per poter cambiare le cose, dal basso, con la pratica.
Tutti noi sappiamo di dover fare un’attenzione quasi maniacale per non perpetuare modalità discriminatorie, che non basta condannare l’eclatante atto pubblico, ma dobbiamo osservarci nei nostri ristretti ambienti che frequentiamo.
E sappiamo anche che è inutile delegare alla scuola l’istituzione di un’ennesima disciplina, o colpevolizzare ogni genitore per la mancanza di educazione. Sappiamo di dover agire in prima persona, dare l’esempio, far notare agli altri l’errore, anche la battuta, compromettendosi, a costo di risultare antipatici.
Purtroppo Giulia non sarà l’ultima, ma deve diventare il simbolo di un nuovo inizio in cui il rispetto diventa il valore fondante di ogni relazione.