Da qualche tempo mi piace chiudere i miei corsi di formazione con la creazione, da parte dei partecipanti, di un cielo stellato fatto dalle loro diverse costellazioni. Ogni costellazione rappresenta l’insieme dei talenti di ognuno, che già brillano singolarmente, ma che insieme riescono ad illuminare uno spazio più ampio.
Ci sono tanti significati in quel cielo stellato, e puntualmente, ogni volta che viene realizzato alla fine della giornata, io mi commuovo. Mi commuove vedere la meraviglia nei volti dei corsisti che, forse per la prima volta, si rendono conto che il loro talento, se riconosciuto e unito a quello di chi gli è vicino, contiene una forza incredibile per illuminare il mondo. Mi commuove che un gesto così semplice, come attaccare delle stelline gialle su un cartoncino bristol blu smuova tante emozioni e, più di mille parole, faccia sentire la connessione fra noi e gli altri e fra noi e l’universo.
Non è forse un caso che mi commuove allo stesso modo la frase di Kant tratta dalla Critica della ragion pratica: Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.
Con la creazione del cielo stellato di gruppo è come se realizzassimo il miracolo di vivere il cielo dentro di noi e, a partire dal nostro nucleo più profondo, connetterci con gli altri e con l’Universo intero. Sapere di avere un cielo stellato dentro e sopra di noi ci fa sentire meno soli, ci fa trovare il coraggio di camminare e superare gli ostacoli, di andare a guardare anche nel lato più buio di noi stessi, coscienti che c’è una luce che lo può illuminare.
Kant continua dicendo: Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza.
Non sono una filosofa né ho studiato sufficientemente filosofia al liceo per continuare a parlare di Kant e del suo pensiero, inoltre l’esercizio del cielo è nato in maniera autonoma, e la comparazione con la frase di Kant è arrivata dopo. Ma ne ho riconosciuto la stessa emozione, quella che fa incrinare la voce perché tocca corde profonde, perché la connessione è un tema fondamentale per l’essere umano. E quando arriva dopo aver camminato verso la maggior conoscenza di noi stessi acquista ancora più valore, perché ogni volta che ci apriamo ci scopriamo, ci sentiamo un po’ più nudi, e quindi abbiamo più timore del giudizio altrui. Sentirsi invece cielo insieme ci fa comprendere che siamo fatti tutti della stessa pasta o, come ci ricorda Ligabue, siamo tutti polvere di stelle.